Nichelatura Chimica

Il processo di nichelatura chimica sotto forma di rivestimento metallico sfrutta l’azione diretta di sostanze riducenti sugli ioni nichel da depositare. No sono quindi necessarie le normali apparecchiature richieste per i depositi galvanici e la deposizione si può ottenere su qualsiasi substrato sia esso metallo, vetro, ceramica o plastica.
Come riducenti vengono usate diverse sostanze quali alchilaminoborani, boroidruri, idrazina, ipofosfito e come risultato si ottengono rivestimenti di nichel metallo o di leghe di nichel.

nichelatura chimica nichelatura corpi gruppo in ottone

Nichelatura chimica nichelatura corpi gruppo in ottone

Anche il cobalto può essere per la stessa via deposto chimicamente.
I processi che impiegano come agente riducente l’ipofosfito di sodio sono stai oggetto di molti studi. La prima osservazione sulla riduzione di una soluzione di nichel con ipofosfito fu fatta da Wurz nel 1845 e la reazione fu in seguito studiata da Bretau. Si sapeva che il metallo depositato conteneva fosforo e che la riduzione del nichel era catalizzata dal metallo stesso e dal palladio.
Nel 1916 F.A. Roux produsse un brevetto sulla deposizione di nichel da una soluzione di ipofosfito. Il bagno in questione si decomponeva spontaneamente producendo un deposito su tutti gli oggetti immersi nel bagno e sulle pareti del recipiente. Comunque questo processo non attirò alcuna attenzione fino al 1944. Fu appunto nel febbraio del 1944 che A. Brenner e G. Riddel, ignari di ogni studio precedente in questo campo, studiarono un processo per rivestire l’interno di alcuni tubi con una lega nichel-tungsteno, usando un anodo insolubile. Il bagno era una soluzione ammoniacale contenente citrati. L’ossidazione del citrato all’anodo dava come inconveniente la sfogliatura del deposito e gli autori aggiunsero alla soluzione vari agenti di riduzione nel tentativo di diminuire le conseguenze dell’ossidazione. In una prova fu usato il sodio ipofosfito con un risultato inaspettato: si otteneva un deposito anche sull’esterno dei tubi, benchè solo all’interno degli stessi venisse usato un anodo. Il rendimento di corrente catodica era del 120% e durante la deposizione si aveva un considerevole sviluppo di gas. Uno studio permise di scoprire che simultaneamente alla elettrodeposizione si aveva anche una deposizione chimica.
La differenza tra questo processo di nichelatura senza corrente e la riduzione in massa del nichel come veniva presentata da Breteau e Roux è che la reazione usata dagli ultimi due è spontanea e completa, mentre il processo di Brenner e Riddel è un processo catalitico così controllato che la deposizione avviene solo sulle superfici catalitiche immerse nel bagno.
Un articolo sul processo di riduzione chimica venne pubblicato nel 1946 dagli stessi AA. ed il metodo venne successivamente sviluppato su scala industriale. Negli anni successivi considerevoli studi vennero fatti sulla durezza, sulla resistenza alla corrosione e sulle altre proprietà dei depositi di nichel chimico. In seguito comparvero un gran numero di pubblicazioni e brevetti riguardanti il processo di riduzione chimica ma, contrariamente a quanto affermato in letteratura, non furono sviluppati processi industriali basati sull’uso dell’ipofosfito per altri metalli eccetto nichel e cobalto.

Nichelatura chimica, nichelatura chimica per uso alimentare, su caldaie in rame

Nichelatura chimica, nichelatura chimica per uso alimentare, su caldaie in rame

I bagni alcalini hanno prodotto depositi di ottimo aspetto, ma queste soluzioni non sono molto usate. I depositi ottenibili da tali bagni danno all’acciaio una minor protezione contro la corrosione rispetto alla protezione offerta dai depositi ottenuti da bagni acidi.
Le leghe di nichel-fosforo con il 2% o meno di fosforo hanno un’apparenza opaca simile a quella del nichel elettrolitico. Le leghe contenenti circa il 5% di fosforo sono semilucide e quelle che contengono più del 10% di fosforo sono lucide con leggere sfumature giallastre. La riflettività di un deposito tipico nichel-fosforo è del 45-50% paragonata al 60% del nichel puro.
Depositi lucidati contenenti il 2% del fosforo hanno una riflettività solo leggermente più bassa di quella del nichel puro. Questi confronti non si riferiscono naturalmente a depositi ottenuti da bagni contenenti brillantanti.

La durezza è influenzata soprattutto dal contenuto di fosforo, dall’età del deposito e dalla storia del trattamento termico. Dipende molto meno dalla formulazione chimica del bagno.
Secondo prove qualitative di compressione le leghe nichel-fosforo contenenti fosforo fino al 2% sono moderatamente duttili, ma aumentando il contenuto di fosforo, il deposito diventa più fragile e friabile. Questo deposito fragile può acquistare un certo grado di duttilità quando viene scaldato alla temperatura alla quale la durezza diminuisce. Il massimi della duttilità e della resistenza alla corrosione può essere ottenuto per trattamento termico a 750° C o più alte temperature per 5 ore, seguito da un lento raffreddamento a 200° C in atmosfera inerte. Un tipico rivestimento resisterà a un allungamento del 3-6% senza rompersi purchè il metallo base non venga forzato oltre il suo limite elastico. L’aderenza del deposito nichel fosforo all’acciaio è stata valutata per sforzi di 30000-60000 lb/in, e non ci sono indicazioni che questi depositi, appena ottenuti, abbiano alcun deleterio effetto sui limiti di fatica di acciai a basso contenuto di carbonio.