La capacità dei cromati o bicromati di inibire la corrosione dei metalli ferrosi e non ferrosi mediante la formazione di un sottile strato di passivazione sulla superficie del metallo è un fatto noto da lungo tempo.
Per quel che riguarda l’interpretazione elettrochimica di questo fenomeno è risaputo che il potenziale elettrodico di uno strato passivato è spostato verso valori crescenti delle forze elettromotrici e ciò comporta per logica conseguenza una maggiorata resistenza alla corrosione sia in ambiente acquoso, sia in atmosfere moderatamente corrosive.
I rivestimenti di conversione, ed in particolare quelli di cromatazione , si possono produrre suzinco, cadmio, alluminio, rame, ottone, bronzo, argento e magnesio per semplice immersione, pennellatura o spruzzo con una opportuna soluzione contenente cromo esavalente.
Gli strati di conversione che ne risultano sono molto sottili (dello spessore 0.5 micron od anche meno) e posseggono la proprietà non soltanto di esplicare una congrua protezione contro la corrosione, ma altresì di costituire un rapporto frequentemente necessario per assicurare l’adesione al metallo di successivi strati organici di finitura, come ad esempio quelli che possono venire applicati mediante vernici o pitture. Il primo processo di cromatazione entrato nella pratica può essere considerato il processo M.B.V. ( = Modifizierte BAUER-VOGEL Verfharen, ossia processo BAUER-VOGEL modificato) e può applicarsi all’alluminio puro e a qualche lega particolare.
Tale cromatazione, come tutti i trattamenti analoghi su alluminio, va sotto il nome di “ossidazione chimica dell’alluminio” ,poiché il meccanismo del procedimento è basato sugli stessi principi di quello dell’ossidazione e cioè sulla elevata reattività dell’alluminio e sulla compattezza dei suoi prodotti di reazione.
Altre applicazioni degli strati cromati si possono ricercare nel campo decorativo. Si sono pure sviluppati metodi che fanno uso di una pellicola di cromatazione per legare la gomma all’alluminio; sono necessari però in questi casi anche dei leganti organici sussidiari.
Il bagno di cromatazione chimica consiste in tutti i casi in una soluzione che comprende due costituenti fondamentali:
- composti di cromo esavalente, sia sotto forma di acido cromico, che di cromati e bicromati, oppure probabili combinazioni di questi componenti;
- composti organici ed inorganici che vengono denominati attivatori o catalizzatori;
Solitamente i processi di cromatazione sono per semplice immersione, ma qualche volta si possono convenientemente utilizzare anche processi elettrochimici, che prevedono un trattamento anodico del pezzo nello stesso tipo di soluzioni descritte.
I fattori PH, concentrazione degli attivatori, devono essere costantemente seguiti, se si desiderano ottenere risultati costanti. La formazione del film ha luogo per reazione fra il cromo esavalente e la superficie del metallo; quest’ultimo riduce il cromo alla forma trivalente, che precipita sotto forma di gele complesso (cromato di cromo) allorchè sulla superficie metallica, in seguito alla reazione stessa, il PH ha raggiunto un opportuno valore.
Il film che si produce è amorfo; allo stato umido non presenta alcuna immagine di diffrazione all’esame dei raggi X ed il suo colore dipende dal PH iniziale della soluzione, dalla durata dell’immersione, dalla composizione del bagno e soprattutto dalla concentrazione dei radicali attivatori. Su zinco e cadmio elettrodeposti, su ottone, rame e bronzo, adoperando soluzioni di alta acidità si formano film di spessore molto ridotto e di moderato valore protettivo. A PH più alti si ottengono film iridescenti, di maggior spessore e di maggior valore protettivo.
Su zinco e cadmio film di colore oliva o kaki conferiscono una maggiore protezione dei film chiari: ciò è dovuto principalmente allo spessore più elevato ed alla diversa composizione del bagno cromatante. L’incupimento del colore corrisponde solitamente, anche su alluminio, all’aumentato spessore dello strato di conversione chimica.
Appena formato, il film ha un aspetto gelatinoso, soffice; dopo essiccazione, sia lentamente all’aria a temperatura ambiente, sia per riscaldamento a 50-65°C, diviene anidro e flessibile e rivela una struttura cristallina ai raggi X.
Non è stato ancora possibile stabilire se si tratta veramente di una cristallizzazione, oppure se già nel film idratato esiste una struttura microcristallina tale da non essere rilevabile ai raggi X.
Il film può anche contenere, ma non necessariamente, cationi del metallo-base, specie se il bagno di cromatazione non è molto acido e se il cromato del metallo è scarsamente solubile.
Allorchè il film è fresco, presenta una certa solubilità dei suoi costituenti od almeno di parti di essi.
Il cromo esavalente può venire lisciviato abbastanza facilmente per trattamento con soluzioni alcaline fredde o calde od anche, più semplicemente, ma più lentamente, con acqua calda o fredda. Il cromo trivalente invece non è capace di sciogliersi. E’ proprio alla capacità di questo strato di cedere lentamente anche se esposto all’umidità atmosferica il suo contenuto di cromo esavalente e di inibitore che si deve in gran parte il valore protettivo dello strato stesso, in seguito logicamente ad un aumento del potenziale locale.
Non tutto il valore protettivo dello strato di conversione è però dentro al cromato solubile che esso contiene, perché anche se questo viene allontanato per lisciviazione iniziale o reso insolubile in seguito ad essiccazione ad alta temperatura, un notevole valore protettivo rimane al film risultante.